La paura di essere disconnessi. Cos’è la Fear Of Missing Out (FOMO)

di Maria Teresa Di Maio (psicologa/psicoterapeuta)

La paura di essere disconnessi. Cosa è la Fear Of Missing Out (FOMO)

Ogni periodo storico ha la sua “ansia”. Nell’epoca dei social network è nata una nuova forma di ansia sociale: si chiama FOMO (“Fear Of Missing Out“) ed è la paura di essere tagliati fuori, la paura di perdersi qualcosa, colpisce chi decide di prendersi una pausa, di saltare un evento o una serata e viene attanagliato dal senso di colpa o dalla tristezza, seguire le vita degli altri sui social e pensare che la nostra sia monotona e triste.

La FOMO può portare a una preoccupazione compulsiva riguardo alla perdita di un’opportunità di interazione sociale. La letteratura scientifica ha  rilevato come questa esperienza sia aumentata di frequenza e intensità, soprattutto tra gli adolescenti legandosi con la diffusione degli smartphone e dei Social Network.

Porta a mettere in atto comportamenti compulsivi e ripetitivi come il controllo della presenza di connessione internet, l’aggiornamento ripetuto delle pagine web, l’uso prolungato dello smartphone, l’evitamento sociale.

Si diventa incapaci anche solo di “non leggere” qualsiasi notifica arrivi ai nostri cellulari. Si crea una specie di rinforzo: arriva la notifica – sale l’ansia perché se non leggo mi sto perdendo qualcosa di importante – leggo – l’ansia si calma.. non ho perso nulla. Tutto questo perché, anche sul piano cognitivo, l’attenzione è bloccata sulla possibilità di avere sempre la connessione per non perdere nulla, di non dimenticare mai il cellulare, di controllare se qualcuno ha letto o meno il nostro messaggio.

L’autopercezione di tali comportamenti è pari a zero. Sembra quasi che si configuri un sentimento di frustrazione del bisogno c he ha l’indivuduo di sentirsi autonomo, di relazionarsi con gli altri.

Ovviamente tutto ciò comporta che si sia sempre distratti dalle attività quotidiane, che ci sia una considerevole perdita di sonno, che si attivino solo sentimenti negativi.

Ci sono studi degli ultimi due/tre anni che indicano alcuni protocolli di intervento efficaci.

Nel prossimo articolo li vedremo insieme.

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