Ho attraversato le tante forme culturali in cui la mia vita si è svolta senza appartenere a nessuna di esse fino in fondo: fissavo sì i vari oggetti che, di volta in volta, la mia esperienza mi prospettava, ma qualcosa in me s’ostinava a spingere lo sguardo verso un orizzonte lontanissimo da quegli oggetti e da quella specifica appartenenza.
Del resto, anche con me stesso, non ho mai avuto un rapporto di confidenza pieno: mi sono sempre guardato con occhi stranieri con la convinzione fermissima di non appartenermi. Non ho mai compreso bene, infatti, da dove sopraggiungesse quel corpo che la mia coscienza sentiva e da dove venisse quella coscienza così ben incardinata nel mio corpo.
Ho vissuto la mia esistenza da nomade, se non addirittura da randagio. L’ho spesa andando costantemente alla ricerca, e credo che lo farò fino alla fine, di quel terreno fecondissimo nel quale anche gli sradicati trovano, profonda e inesauribile, la loro vera radice.
a. m.
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