L’importanza dell’ascolto attivo

DI PINA COLITTA

La riflessione sull’ascolto attivo è sicuramente importante in un contesto esistenziale in cui i ritmi del tempo sono assolutamente incontrollabili.

Di fatto l’azione di ascoltare è molto complessa e non facile e lo è maggiormente quando bisogna ascoltarsi per percorrere i labirinti dentro di noi, ancora più misteriosi perché inascoltati; eppure questi labirinti vengono proiettati e prendono una forma concreta al di fuori di noi.

Conoscere quei labirinti intimi vuol dire che ci siamo ascoltasti su come ci orientiamo nello spazio della nostra vita : la terra e il cielo. E’ consueto considerare come punti di orientamento il sopra, il sotto, il vuoto ma senza averne consapevolezza; ognuno di noi, ogni giorno, parte per la sua missione, come un bravo condottiero; percorre sentirei conosciuti e poi finisce per perdersi in un labirinto.

A questo punto è talmente tanta la paura che non riusciamo a cogliere la presenza di un albero, un animale, che ci possa fare da guida, non siamo in ascolto dei rumori presenti nel nostro sentiero perché troppo presi dall’ascolto del nostro timore al punto da non trovare la strada.

Spesso agiamo e ci lasciamo vivere senza sapere bene chi o che cosa cerchiamo, chi o che cosa inseguiamo e solo perché fagocitati nel buio di un sentiero, che tale ci sembra perché sconosciuto e, dunque, “non presenti” nell’ ascolto di possibili riferimenti acustici per trovare la strada.

L’ascolto che si attiva nei confronti della natura può essere importante perché noi, che siamo natura, possiamo imparare i vari “suoni” che derivano dal nostro intimo e poi captare quelli esterni a noi.

Quando ci perdiamo e non troviamo la strada del ritorno possiamo provare a “consultare” qualcuno o qualcosa che ci possa trasmette il modo di essere razionale nella relazione con la cultura del calore umano; cercare un habitat in cui esista la cultura della persona, della famiglia e dei valori universali può diventare un’esigenza fondamentale.

Al nostro essere smarriti manca infatti la capacità di mettersi in relazione e di coltivarsi in modo umano.
Molti possono trovare questa cultura della relazione nella stessa cultura cristiana attraverso il Vangelo e per i più formati nella teologia.

Ciò è sicuramente possibile ma visto che la persona, la famiglia è un complesso di corpo, psiche e anima occorre un ambito di confronto che sia basato sulla interdisciplinarietà la cui centralità è ovviamente la persona ma considerata al di sopra di ogni ideologia di cultura, di politica, di religione, di etnia e di sesso.

Quale è lo scopo di tutto ciò?
Darsi la possibilità di scegliersi la vita in libertà.
Questo ambito, è l’ascolto, ma per intenderci non è quello del nostro vicino al quale chiediamo cosa pensa di mangiare a pranzo né quello dell’amica che prende con noi il solito caffè, dopo aver lasciato il proprio figliolo a scuola, ma è quello di un professionista la cui vita, come persona, è già la testimonianza di una professionalità di ascolto.

In tutto questo cosa c’entra il Vangelo o meglio il cristianesimo?
C’entra proprio nel “religioso” rispetto per la persona, davanti alla libertà dell’altro.

Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!

Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!

Dalla profezia di Isaia

Mt 13,1-23

Immagine tratta dal web

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