Lo scrittore è un tramite, una penna tra una dimensione e l’altra

DI GIOVANNA MULAS

“Che ambizione e sterile narcisismo dell’autore vengano messi da parte, accatastati con la verginità delle prime pubblicazioni: la scrittura ci chiede massima neutralità, canna tra le canne, pecore nel gregge: osservazione costante di persone e ambienti quindi dialoghi, declinazioni e inclinazioni, movenze, tic, caduta nel pozzo e risalita e, solo dopo, affronto di altri pozzi: non si scrive per diventare, quanto per far essere.
Lo scrittore è un tramite, una penna tra una dimensione e l’altra. Meno lo scrittore è, più sarà il suo personaggio.
Eppure, paradossalmente, lo scrittore deve vivere per far vivere, deve conoscere per conoscersi: non basterà leggere.
Che di romanzo o racconto parliamo, la narrazione necessita assoluta penetrazione della psicologia del personaggio, senza pudori o ipocrisie: essere il personaggio e contemporaneamente altri cento che gli camminano accanto nello stesso istante, il vento che soffia e l’odore del pane caldo di forno, note che fuggono da una finestra coi gemiti dell’amore, il sangue nel bagno, il ruggito delle onde, il cane che piscia sul tronco. Essere il tronco. Saltellare, istrione, tra le varie vicende che la vita presenta al personaggio, essere la sua vita: lo scrittore sarà un abile burattinaio in grado di muovere l’Attore, spostarlo da una scena all’altra senza sbagliare i luoghi, parole e singhiozzi, urla, sospiri, studiando a fondo e curando i tempi e gli usi, i colori, le tradizioni che, inevitabilmente, influenzeranno le future scelte, gli incontri, i sogni e le speranze dell’Attore…”.

Da ‘L’Arte del Buon Scrivere’, manualistica, GM

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