Mark e l’amore per il nuoto

DI CARLO MINGIARDI

Sei poco fluido oggi, controlla meglio le bracciate, la respirazione non è in sintonia con il ritmo che vuoi dare, fermati un attimo, cerca di trovare la concentrazione giusta e poi riparti perché oggi devi fare ottanta vasche.

Il nuoto è la mia più grande passione, oltre che un toccasana per la mia schiena malandata. Lo stile libero è quello che preferisco, dorso è fastidioso perché mi entra l’acqua nel naso, rana mi annoia, farfalla non mi è mai riuscito, ma lo stile libero mi dà una sensazione di leggerezza incredibile.

Quando affondo le bracciate e scivolo sull’acqua come un veliero ho la sensazione quasi di volare, osservo le piastrelle azzurre del fondo piscina e lascio correre liberi i miei pensieri.
Sembrerà strano, ma la gran parte dei miei problemi esistenziali li ho risolti in una sessione di stile libero.

Ho finito l’ultima vasca, cerco di calmare pulsazioni e respirazione, mi do uno sguardo intorno e vedo Mark seduto sul bordo vasca dell’ultima corsia che mi dà la sensazione che abbia qualcosa che non va.

Lui è un ragazzino di tredici anni di origine ebrea che promette proprio bene, ha un accenno di peluria a mo di baffetti sotto il naso, il fisico asciutto ma con due spalle di tutto rispetto, sarà alto già un metro e settanta e nuota come un siluro sparato da un sottomarino.

Mi avvicino per chiedergli se va tutto bene. Non mi ero sbagliato, mi guarda con gli occhi lucidi e mi dice che quello è il suo ultimo giorno in piscina, non può permettersi di pagarsi un altro corso di nuoto perché il papà con la terribile crisi che ha colpito l’edilizia ha perso il lavoro, l’unica che lavora in casa è sua mamma che pulisce le scale dei condomini per pochi dollari, di conseguenza deve mollare la sua più grande passione: nuotare.

Le notizie brutte mi danno sempre un senso di nausea, quelle ingiuste mi fanno incazzare. Gli do una pacca amichevole sulla spalla e l’unica cosa sensata che mi viene di dire è una sola:
“ci penso io Mark…!”

Mi guarda con aria interrogativa, con la bocca spalancata, le mani intrecciate sopra la testa e mi risponde:
“come…?”
“semplice, te lo pago io il prossimo corso di nuoto, anzi per tutto il prossimo anno…!

Lo saluto e mi allontano a lunghe bracciate per non farlo sentire in imbarazzo. Mentre esco dall’acqua butto un ultimo sguardo verso Mark, era rimasto in quella posizione immobile come una statua di marmo, quella fu l’ultima volta che lo vidi, almeno credevo così.

Sono a Monaco di Baviera, l’azienda mi ha mandato per seguire alcune manifestazioni che fanno da cornice ai giochi olimpici, come premio mi hanno dato un biglietto d’ingresso per le finali di nuoto.

Fu così che quel pomeriggio mi recai allo stadio del nuoto, avevo un posto in tribuna centrale, proprio vicino alle postazioni degli innumerevoli giornalisti sportivi.

Parte la finale dei 100 metri stile libero, quella più bella, entusiasmante, ti giochi tutto nel giro di una manciata di secondi, due vasche a un ritmo impressionante, la spunta l’americano in corsia centrale, con i baffetti neri, con un tempo di 51,22 stratosferico.

Quando sale sul podio per ricevere l’oro olimpico, il sogno di una vita sportiva fatta di grandi sacrifici, è visibilmente emozionato, lo avevo a una ventina di metri e riuscii a osservarlo con maggiore attenzione.

Fu come se mi si fosse acceso un interruttore nel cervello, quei lineamenti, quel fisico scultoreo, quei baffetti neri, io quel ragazzo lo conoscevo, erano passati nove anni, era cresciuto, ma quel ragazzo era Mark.

Quando salì alle postazioni dei giornalisti per le interviste, mi avvicinai, volevo avere la conferma al mio ricordo appannato, presi coraggio e gli dissi:
“ ma tu sei Mark, che da ragazzo si allenava nella piscina di Modesto in California…?,
lui si volta di scatto, mi guarda per qualche secondo, sorride e mi risponde:
“ e lei è il signor Salling…!”.

Mi aveva riconosciuto, quasi mi esplodeva il cuore dalla gioia, rimanemmo a guardarci negli occhi per qualche istante, poi Mark mollo il giornalista, saltò la transenna mi venne incontro e mi abbracciò forte per un tempo interminabile.

Quando ci staccammo avevamo entrambi il viso rigato dalle lacrime, lui prese la medaglia d’oro che aveva al collo, me la mostrò e mi disse:
“ se oggi sono riuscito a vincere questa, un pò lo devo anche a lei, se non mi avesse pagato il corso di nuoto per tutto l’anno avrei dovuto smettere di nuotare e forse mi sarei dovuto trovare un lavoretto per aiutare la mia famiglia.

Il mio sogno probabilmente non si sarebbe mai avverato. Io quel suo gesto non l’ho mai dimenticato e mai lo dimenticherò…!”
Mark diventò una leggenda nel nuoto, solo in quella olimpiade vinse sette medaglie d’oro, io sono diventato il suo più grande tifoso.

PS. fatti e luoghi non sono del tutto casuali, fantasia e realtà si intrecciano come sempre nelle mie cellule cerebrali.

Immagine tratta dal web

 

 

 

 

 

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