Oggi Saman, ieri Hiina, prima ancora Sanaa: vite spezzate per punire aspirazioni che si discostano dal dettato della sharia

Saman Abbas, il tomento poi la scomparsa. E’ questa la sorte delle donne che prediligono l’Occidente

Non esiste legge, né passo del Corano, che prevede l’uccisione di una donna che rifiuti la sorte a cui è predestinata. Non è contemplata dalla religione islamica anche se siamo ingenuamente portati a credere all’efferatezza delle loro norme contro le donne quando si verificano terribili femminicidi verso coloro che si sottraggono al volere delle rispettive famiglie. Saman Abbas è solo una tra migliaia di giovani donne pakistane a vedersi privata della vita dalle mani dei suoi genitori, o più precisamente, da suo zio che ha materializzato il piano diabolico ordito dal padre della giovane. Oggi Saman, ieri Hiina, prima ancora Sanaa: solo qualche nome di vite spezzate con brutalità per punire aspirazioni, ambizioni e frequentazioni che si discostano dal dettato della sharia.

Narrazioni macabre che però non riguardano solo il nostro Paese. Nella moderna Istanbul, che preme per entrare in Europa, si conta un delitto d’onore a settimana. A Gaza sono numerose le donne che vengono uccise in nome della sharia (una palestinese è stata sepolta viva dal padre).

Accade anche in mezzo a noi, a Milano, a Parigi, a Berlino, a Londra. Il settimanale tedesco Der Spiegel scrive che almeno cinquanta donne musulmane in Germania sono state vittime di un delitto d’onore. A Londra almeno dodici ogni anno.

A queste vanno aggiunte le “vergini suicide”, le ragazze che si tolgono la vita per sfuggire a un matrimonio forzato.

In Europa risultano “scomparse” migliaia di ragazze musulmane, spesso cittadine europee. Ne spariscono decine al mese, tutte allo stesso modo: partono per un viaggio all’estero e sui banchi di scuola o sul posto di lavoro non tornano più.

Sono tante le “colpe” delle vittime dei delitti d’onore: il rifiuto di indossare il velo islamico, l’inclinazione a vestire all’occidentale, a frequentare amici cristiani (fino a convertirsi a un’altra fede) o avere amici non musulmani, la volontà di studiare o leggere libri “impuri”, di cercare il divorzio, di essere troppo “indipendente” o moderna.

Le relazioni tra uomo e donna nell’Islam sono regolate da ben norme ben precise che confluiscono all’interno di una concezione ligia del matrimonio. 

La chiave del successo di un matrimonio dipende dalle doti morali degli sposi. Lo sposo musulmano ideale deve perciò entrare nel matrimonio con l’atteggiamento responsabile di una persona che vuol formare una famiglia sulla base del mutuo rispetto e dell’amore. Quest’ultimo deve essere fondato sulla religiosità, e non sull’infatuazione per la bellezza, per la ricchezza, o per la posizione sociale della propria sposa.

Per coloro invece che non possono affrontare il matrimonio, la pratica occidentale di scegliersi un’amica, formare una coppia e decidere di convivere, è completamente illegale per i Musulmani.

Niente a che vedere con la realtà occidentale, in cui amore e le relazioni sono vissute in totale libertà, con ampi margini di scelta, senza tener conto di restrizioni o particolari limitazioni.

Come può una giovane donna adolescente restare fedele a principi ostici , poco commestibili, con una realtà diversa con cui ci si confronta? Queste mentalità, devote al sacro e alla religiosità, non dovrebbero abitare in un contesto così tanto differente da quella che è la loro cultura.

E’ decisamente sbagliato crescere i propri figli nella civiltà occidentale per poi costringerli a vivere una vita che onestamente non potrebbero mai accettare dopo aver conosciuto la libertà incondizionata, di vita, abitudini e contesti. Le conseguenze poi ci sono e sono inenarrabili , terrificanti, da film dell’orrore.

da Bluedossier.it

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