Quando Madame Royale scandalizzo’ l’Italia

DI GIOVANNI BOGANI

 

E’ una storia non troppo conosciuta. Di quando chiamavano ancora gli omosessuali “invertiti” e avevano gli occhi della polizia addosso.

Sembra impossibile che questa Italia sia esistita solo pochi decenni fa.

Era l’immediato dopoguerra, l’Italia risorgeva, tutta nuova. O forse, non del tutto.

Il 16 novembre 1946 sulle pagine dell’ «Avanti!», quotidiano del partito socialista, un articolo di cronaca titolava: «Tre covi di invertiti visitati dalla polizia».

La polizia aveva fatto irruzione in tre case di appuntamenti frequentate da omosessuali.

Curiosamente, nel libro degli ospiti, una dedica per il padrone di casa, molto ben scritta, molto elegante, era firmata Vittorio Gassman.

«Siamo tutti sospesi ad un tacito evento questa sera. Con molta simpatia a Madame Reale, alla sua corte, alla sua casa: altro mondo, un certo mondo».

Così Gassman salutava «madame Reale», che pochi giorni dopo finiva nel mirino della polizia. All’epoca, Gassman era appena ventiquattrenne, ma già attore in grande ascesa: la cosa non passò inosservata.

Fu lo stesso Gassman a commentare l’episodio, in una lettera pubblicata il 13 dicembre 1946 sulla rivista «Cantachiaro»: «Parlo di Madame Royale e della sua corte milanese, delle dediche trovate su certi album a firma di attrici e attori – io tra loro – ed accuratamente riportate da vari giornali: si spera per solerzia moraleggiante, si teme per guadagnare qualche copia», scrive sarcastico.

Gassman, con prosa sontuosa, scrive: «So che ai maldisposti l’insinuazione si sarà a quest’ora legalizzata in calunnia: agli altri non occorre ch’io porti prove e ragionamenti in discarico.

Ricordo la serata trascorsa ‘chez’ Madame Royale. Alla delusione di molti, confiderò di non aver visto nulla di osceno, molto di educatamente patologico, qualcosa di spiritoso, altro di ingenuo.

Vidi una stracca imitazione di Wanda Osiris, e uomini che goffamente ballavano tra loro. Madame Royale parlava un commovente francese sub padano, e tentava di nascondere la muscolatura sotto i broccati.

Non altro. Al minimo cenno di sfrontatezza, un battere di mani e tutto smoriva».

Un quadro perfetto, nitido, non sguaiato, raccontato da Gassman con precisione, senza irridere, ma senza infatuazione.

«Sull’album non mi parve del tutto assurdo apporre firma e dedica.

Anche nel Belucistan, se mi invitassero ad assistere a un locale rito fallico, escludo che rifiuterei d’andare.

Quanto a Madame Royale e ai suoi scudieri, non so di loro e non mi interessa. Considero la visita come un’esperienza perifericamente teatrale».

E l’episodio si chiuderebbe lì. Se non per due particolari.

Il primo è che le parole che aveva scritto sull’album degli ospiti erano una citazione da una poesia di Vittorio Sereni, «Terrazza»: «Siamo tutti sospesi a un tacito evento questa sera».

Se ne accorge lo stesso Sereni, che ne scrive all’amico poeta Attilio Bertolucci, e aggiunge: «La cosa sta facendo il giro di Milano, e chissà che fra qualche giorno non si dica che ho dedicato quei versi a Vittorio Gassman».

Ma conclude, sdrammatizzando: «La cosa è abbastanza divertente, e ha rotto un po’ la monotonia di questi giorni grami».

L’altro particolare è che la situazione descritta da Gassman, questo quadretto al confine fra Kitsch e patetico, torna con esattezza in un film di un quarto di secolo dopo: «Splendori e miserie di Madame Royale», diretto da Vittorio Caprioli nel 1970, e interpretato da Ugo Tognazzi, da una giovane Jenny Tamburi e dallo stesso Caprioli.

Il film è disponibile gratuitamente su Youtube, e a noleggio su Rakuten e altre piattaforme.

La sequenza della festa in casa di Madame Royale sembra presa pari pari dalla descrizione di Gassman. Ugo Tognazzi, imparruccato e ingioiellato, domina la scena, modulando un francese-cremonese esilarante, fra svolazzi di piume, pretese di eleganza e improvvise cadute di stile.

«Pas de vulgarités!» tuona, dal suo trono, Tognazzi/Madame Royale. E tutto questo, otto anni prima che «Il vizietto» portasse al grande successo in tutto il mondo un personaggio di omosessuale, di nuovo interpretato da Ugo Tognazzi.

Sì, ma chi era, in realtà, questa Madame Royale? Pare si chiamasse Enrico Piovella: ex studente del Politecnico di Milano, faceva parte del mondo del teatro milanese: secondo alcuni era scenografo, ma sono rare le conferme.

Più probabilmente, non disegnava scenografie, ma aiutava a reperire arredi per le scene da antiquari e robivecchi: più un trovarobe che uno scenografo, secondo una testimonianza del regista e scenografo Pier Luigi Pizzi.

Forse, il suo capolavoro non fu uno spettacolo andato in scena al Piccolo o alla Scala: ma l’aver creato questo teatrino segreto, nel quale andavano in scena mille stravaganze, una nuvola variopinta nella grigia Milano degli anni Quaranta.

Li chiamavano «invertiti», gli omosessuali. Durante il fascismo, venivano fatti sparire al confino in qualche isola remota, a Ustica o a Favignana: oggi sarebbe una bella vacanza, ma all’epoca mica tanto.

Nella Germania nazista andava molto peggio: venivano mandati nei campi di concentramento, con il triangolo rosa al braccio. Un medico nazista si sbizzarrì con loro: alcuni ne fece castrare, altri sterilizzare, molti ne operò impiantando loro una ghiandola che secerneva ormoni «virili».

Quasi tutti morirono, poche settimane dopo l’operazione.

In Gran Bretagna, Alan Turing, l’uomo che aveva permesso di decifrare il codice Enigma e aveva salvato l’Inghilterra dalla tragedia, fu sottoposto a un trattamento forzato di ormoni per ridurre la libido, e si suicidò col cianuro.

E in Italia, ancora nel 1964, un professore di filosofia, Aldo Braibanti, accusato di aver «plagiato» il suo giovane amante, cioè di avergli fatto una sorta di lavaggio del cervello, fu condannato a nove anni di prigione.

Al ragazzo toccarono mesi di terapia con l’elettroshock, e chissà a chi andò peggio.

Giò Stajano era, negli anni Sessanta, l’unico gay «ufficiale» in Italia, e appariva anche, come stravaganza, nella «Dolce vita» di Fellini.

Pier Paolo Pasolini, regista omosessuale e provocatorio, veniva ucciso in circostanze mai chiarite sul litorale di Ostia il 2 novembre 1975, massacrato a botte e legnate mentre era in compagnia di un ragazzino.

E ancora nel 1981, il libro «Altri libertini» di Pier Vittorio Tondelli, che raccontava di amori gay con giocosa esuberanza, veniva sottoposto a sequestro per oscenità.

Era ancora molto lunga la strada per il riconoscimento di pari diritti e dignità agli omosessuali.

Era ancora lunga la strada per l’arcobaleno.

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