Storia de l’U. n° 17 (I sogni de l’U.)

di Paolo Massimo Rossi

Storia de l’U. n° 17 (I sogni de l’U.)

L’U. è (sarà) personaggio che morirà di fantasiosa invenzione.
Non saprà se con accompagno di musici attentratti e in che tempo avverrà. Inevitabile morire nel tempo di mezzo, l’U credette che certoso fuè.
Morte è bellezza? L’U. non pensava: tutti o anche più con esso.
Ma bellezza fu il suo di l’U. desiderio in amblé: L’U. per la bellezza nutrì umidamente un appassito eppur infiorato amore fiorato. Fu felice nei sensi, accattivati da convenzioni appassite, liberi da conformismi supìproni, tigui ai solo apparentemente forzosi codici che si arrogano il rovescio di stabilire il limite paraboli(co) del lecito, per l’U. tendente a.
Ma ogni laccio perbenistico può maleodorarsi, dopo del pria e prima del poi, per la forza di ardosi divampi bassi di vizi.
P. prese (utile) atto ufficioso.
Altra faccia della luna, dove sentimentalismi smani(a)-erosi non trova(va)no il varco per inquinare – con l’ombra dell’ovvio – il baglio che recupera(va) le voglie, afferma(va) il non dicibile, fragora(va) il piacere dell’esondo.
Dunque, s’era rotta la diga e il torrente gorgoso aveva deciso per sé: bambola gonfia, tetta sicurante, padrona del proprio bendisposto vainoso vagire.
Fu allora, che sticchia odorosa ma secca suonò un irreprimibile squirt.
L’onda lunga, increspata di spuma, trascinò l’U. nei tempi suddetti, l’armonia mostrò l’ampiezza vogliosa: furon’ infrante le difese che usa(va)no affossidare la possibilità dell’estasi con corazze irrumorosanti: quelle che pretendono i sensi auroleati da sogni profumosi e chanelati del sei (il retro del Ritz dalla via Cambonosa ombreggiava/incombeva).
Poi l’U. scrisse grafoso(lamente): ti offrirò; tal parlosando (tale) scrivè.
Ma l’ora arrivò e l’U. s’arrestò: mentre verba volaron ad altro involato/icaresco parlarsi, ad altri confettabili allusi peccati pescosi, ad altri sogni sognosi. (Elevar lo spirito come pallone navicella, disse Quenod)
Allor, preso da nopròvvido sense, si spostò per guardare la di lui (di l’U.) fatal imago nello specchio curvo.
Vide un superfe(r)to autoferente che nell’ombra nebbiosa ascose amor che a romanonudo e (a)talanchegreco, poi per Zante partì.
Perplessismo del narrodore, (massì d’in questo mondo) sarà dunque epifanico in quartiere-isolato-strada-marciapiedi ombreggiato non lontano dall’udito veduto.

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