Un bicchiere di cognac

DI ORNELLA SUCCO

 

Uno dei narratori che frequentano regolarmente questa pagina ha di recente auspicato che, quando tutto quest’incubo della pandemia sarà nuovamente “sotto controllo”, divenga possibile incontrarci tutti di persona per bere insieme qualcosa.

Ho manifestato la mia intenzione di partecipare bevendo una bibita analcolica poiché, per motivi legati alla salute, io e mio marito siamo ormai astemi da molti anni e facciamo eccezione giusto per il brindisi di Natale e per quello di Capodanno.

Tuttavia devo riconoscere che in gioventù siamo stati discreti apprezzatori di birra e, occasionalmente, anche di alcuni liquori con gradazioni abbastanza sostenute come il cognac, il calvados e la grappa.

Mia suocera, in particolare, era a conoscenza della mia passione per il cognac e ogni anno a Natale mi regalava una graditissima bottiglia di Martell che io avevo cura di far durare da quel Natale fino al successivo.

Quello del bicchierino di cognac era un piccolo rito della domenica: dopo pranzo io e mio marito ci sedevamo sul divano, sceglievamo un disco di musica classica da ascoltare in silenzio e ci versavamo un bicchierino di cognac che cercavamo di far durare almeno quanto la prima facciata del 33 giri che stavamo ascoltando.

Sì lo so che il cognac andrebbe bevuto nel balloon, ma noi innanzitutto non ne avevamo e, secondariamente, ci accontentavamo di una quantità di distillato molto ridotta il che spiega perché la preziosa bottiglia potesse durare per cinquantadue domeniche più qualche sabato in cui si fosse presentata qualche occasione speciale.

Accadde tuttavia, in una sera d’estate del 1984, che la mia oculatezza nel bere non potesse nulla contro il Fato avverso che aveva deciso di porre fine alla mia riserva annuale di cognac.

Quella sera, poco prima di cena, avevamo sentito al telefono un amico che era rimasto da solo in città per motivi di lavoro mentre sua moglie e i suoi due figli di sei o sette anni erano in vacanza in montagna. Con una spontaneità che all’epoca mi veniva bene avevo detto a mio marito di invitarlo a cena da noi ed era chiaro che non avrei cucinato nulla di speciale: una frittata rognosa, un’insalata di sarset e un abbondante vassoio di formaggi.

Insomma era un invito amichevole per farlo sentire meno solo e passare la serata in compagnia.
Finita la cena offrii all’ospite un caffè ma lui disse che no, non beveva caffè di sera ma piuttosto se potevo offrirgli qualcosa di forte ne avrebbe preso un “goccio” volentieri.

Ci trasferimmo in salotto e io misi sul tavolino tutti i liquori presenti in casa: due grappe artigianali, una bottiglia di Fernet Branca, del genepy, degli amari e il mio preziosissimo Martell.

Ovviamente il nostro amico non ebbe dubbi e scelse immediatamente il cognac che, in mancanza appunto di un balloon, versò abbondantemente in un calice a tulipano di quelli che in genere usavamo per la birra.

Il nostro amico era un buon conversatore e nel corso della serata la sua parlantina si faceva sempre più sciolta mentre, per converso, il livello del cognac nella bottiglia diminuiva a vista d’occhio ed io valutavo che, di quel passo, il cognac non mi sarebbe durato nemmeno fino a Ferragosto.

Per farla breve il nostro amico si alzò per andar via che era mezzanotte passata e il livello del Martell si attestava ben al di sotto della metà bottiglia. Appena richiusa la porta alle sue spalle ammetto che me ne versai un goccio anch’io, perché avevo seriamente temuto che avrebbe finito col dare fondo a tutta la bottiglia, nella notte poi feci sogni agitati e in uno di questi sognai addirittura che il nostro ospite aveva deciso di tornare a cena la sera successiva per terminare di gustare quell’ottimo Martell.

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