Una sana alimentazione aiuta anche il pianeta

di Cristina Piloto (biologa/nutrizionista)

L’impatto maggiore sulle condizioni ambientali del pianeta è determinato dalle nostre scelte alimentari, dal cibo che ogni giorno mettiamo nei nostri piatti. Analizzando i dati relativi alle emissioni di gas serra delle famiglie europee, emerge infatti come sia il cibo a contribuire di più al cambiamento climatico, con il 31% del totale delle emissioni, superando sia il riscaldamento degli edifici e l’utilizzo di energia elettrica, in seconda posizione con il 23,6%, sia i trasporti (18,5%).

Nel dettaglio, solo il consumo di carne è responsabile del 12% delle emissioni complessive, mentre i prodotti lattiero-caseari contribuiscono per il 5%. Le emissioni di gas serra derivanti dall’agricoltura sono tra l’altro aumentate del 20% dal 1990 a oggi e raddoppiate dal 1960.
Se da un lato il nostro paese può infatti vantare, anche grazie al nostro tradizionale regime alimentare, gli abitanti più longevi e magri del vecchio continente, dall’altro le generazioni più giovani stanno via via abbandonando questa dieta, optando sempre di più per cibi ricchi di proteine animali e grassi.
Il 18,3% degli adolescenti ha non a caso un peso in eccesso (contro l’8,7% dei giapponesi), mentre il numero di obesi è in continuo aumento. In Italia, inoltre, solo il 29% della popolazione svolge regolare attività fisica (in Svezia la percentuale sale al 72%) con un effetto di incidenza sullo sviluppo di patologie che ha ripercussioni sull’aspettativa di vita e sul costo della società per fronteggiarle.
Cosa possiamo fare dunque per arginare questo importante problema, che arreca danni non solo alla salute dell’uomo ma minaccia anche il benessere della terra?
Sicuramente privilegiare quelli che sono gli alimenti che l’uomo ha sempre avuto a disposizione, come i cereali integrali, i legumi e i semi. Nelle Americhe ancora oggi i poveri mangiano tortillas e fagioli neri; in Nord Africa semola di grano duro (il cuscus) e ceci; nell’Africa subsahariana miglio e arachidi; in Oriente riso e soia; e anche da noi riso e lenticchie o pasta e fagioli.
I cereali, infatti, purché consumati nella loro integralità, associati ai legumi e a una certa quota di semi oleaginosi (zucca, sesamo, lino, girasole, chia, canapa) e di verdure, e in qualche occasione a cibi di origine animale (soprattutto pesce), offrono una perfetta combinazione alimentare.
L’agricoltura intensiva e l’allevamento industriale sono cause di molteplici problemi: l’utilizzo massivo di diserbanti, pesticidi, fertilizzanti, antibiotici, ormoni, che avvelenano il pianeta. La deforestazione per dare spazio al pascolo e alla produzione di soia per i mangimi (aumento di anidride carbonica), la desertificazione, l’inquinamento da deiezioni animali, la fermentazione intestinale dei ruminanti (produzione eccessiva di metano), i fertilizzanti artificiali (rilascio di ossido nitrico), il consumo di carburanti per la produzione e il trasporto dei prodotti fanno il settore agricolo e zootecnico responsabile di un quarto delle emissioni di gas serra che contribuiscono al riscaldamento globale.
Un rapporto della FAO ricorda che nutrire una popolazione con proteine animali richiede un’estensione di terra di dieci volte superiore rispetto a nutrirla con proteine vegetali!
Ma allora cosa possiamo fare realmente e quotidianamente noi per intervenire nel contrastare questi fenomeni?
Rinunciare ai consumi inutili, renderci più consapevoli, non pensare che siano gli altri a dover fare qualcosa, ma cominciare dal nostro piccolo.
Questo pianeta, come anche il nostro corpo, è la nostra casa, prendiamocene cura. Indirizziamo le scelte di cibo e merci verso prodotti semplici che rispettino la natura, la terra, le piante, gli animali e gli uomini naturalmente.
Abbiamo il potere di vivere con poco, di mangiare cibo salutare, di masticare bene, di ridurre il rischio di ammalarci: nessuno ce ne può privare, è accessibile a tutti.
*Immagine web (starbene)

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