Addio Diego, un po’ del calcio muore insieme a te

DI GIOVANNI BOGANI

Ieri è morto Maradona, è stato il più grande calciatore del mondo, tutti i giornalisti stanno scrivendo di lui. Io no, non mi occupo di calcio, ma per me è stato più importante di James Dean, più importante di Visconti.

Aveva solo tre anni più di me, era un ragazzino negli anni in cui lo ero io. Maradona danzava con il pallone, Maradona era goloso di vita, a Napoli ballava e faceva l’amore ogni notte, anche se l’indomani aveva la partita più importante del campionato, e poi andava in campo indolente, inebetito, e si risvegliava e attraversava tutto il campo, e faceva goal.

Maradona era il contrario di me, io facevo i compiti,  non ho mai scommesso sul mio talento e basta, e non sono mai stato furbo, non ho mai fatto un goal all’Inghilterra con la mano di Dio, fingendo che fosse un colpo di testa, per spedire l’avversario all’inferno, per vincere tutto quello che c’è da vincere nel mondo, e poi perdere di nuovo tutto.

Non mi sono fatto arrestare, per ora, non mi sono fatto operare, non ho bruciato la vita e gli anni in droghe e non sono diventato l’idolo di nessuno.

Nella vita sono stato un centrocampista di serie C, e invece pensavo di essere un’ala sinistra, o un numero 10, come Maradona. Era piccolo, Maradona, e sfrontato. Non aveva paura di nessuno, e io ho paura di tutti, non alzo quasi mai la voce, e se lo faccio mi faccio del male, tutte le volte.

Maradona lo piangerò a lungo, perché è tutto quello che non sono stato, perché è la bellezza di un calcio di punizione con una traiettoria impossibile, la bellezza di un passaggio fatto mentre si sta cadendo a terra, per smarcare il compagno e mandarlo in goal. Maradona è un grido davanti alla telecamera, Maradona è essere un indio piccolo e nero, e battere tutti gli altri alti e biondi, cosa che non sono mai riuscito a fare io.

Maradona, addio. Eri solo, ti circondavi di gente, sempre, Napoli era la tua città, più argentina di Buenos Aires, lì hai vissuto il tuo mito e il turbine della tua vita senza centro, poi sei morto mille volte e mille volte resuscitato, e adesso in un pomeriggio qualunque di questa prigione te ne vai via, anche tu ci lasci qui, senza giochi, senza allegria, con questo virus che ci mangia la vita, ognuno nella prigione di casa sua, sei andato via, eri già morto tante volte, muore anche un po’ il calcio insieme a te.

Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.