Benvenuto Tisi detto il Garofalo, Visione di Sant’Agostino

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Il Rinascimento, anche se più lentamente, si diffonde anche fuori dalla regione Toscana, ad esempio in Emilia-Romagna, proprio a seguito dei contatti con gli artisti provenienti dalla regione originaria, ed oltre a Firenze e Bologna, è Ferrara ad avere un’importanza fondamentale.

Capitale del ducato degli Este, può contare sulla comune tendenza dei signori mecenati, a circondarsi di artisti e letterati, i quali impegneranno il proprio ingegno al fine di rendere la città culturalmente stimolante ed innovativa.

Sarà Dosso Dossi a rivestire il ruolo di rinnovatore principale, grazie alla propria eclettica conoscenza, in grado di permettergli di assimilare le tecniche sia di Tiziano, che degli altri artisti operanti a Firenze, Roma e Mantova, ed è in questo contesto che emergono nuovi e grandi maestri, come Benvenuto Tisi, detto il Garofalo, il quale si distingue per il proprio stile, eclettico ed aperto alle novità, senza pregiudizi; di qui la proficua collaborazione con lo stesso Dosso Dossi, con il quale realizza il Polittico, custodito presso la Galleria nazionale di Ferrara.

I colori brillanti e la peculiare raffinatezza dei volti, quest’ultima caratterizzata da una sorta di malcelata tensione, sembrano rievocare i contesti e le atmosfere visibili nel Parmigianino de La Madonna dal collo lungo e dell’Antea.

Non è escluso che l’artista di Parma si sia ispirato al Garofalo, entrambi, peraltro, non immuni da palesi riferimenti al Manierismo, per quanto meno condizionati dal preponderante sovraffollamento ed in grado di esternare contesti di bellezza prevalentemente aristocratica.

Nella Visione di Sant’Agostino, il Garofalo rappresenta il santo allo scrittoio, assistito dalla figura allegorica della saggezza, eppure distratto da un bambino che compare alle sue spalle e pare attirarne l’attenzione brandendo un cucchiaio.

Nel frattempo, in cielo, compare l’effettiva visione, con la Madonna e Gesù Bambino, assisi su una nuvola, e accompagnati da un nutrito stuolo di angeli musicanti.

L’episodio riprende una celebre leggenda agostiniana, narrata in una lettera apocrifa, vergata dallo stesso Agostino, e indirizzata a San Cirillo, in cui il santo riferisce una rivelazione divina legata all’incontro, sulla spiaggia, con un misterioso fanciullo, intento, come da sua stessa dichiarazione, a tentare di travasare il mare in una buca, con l’ausilio di una semplice conchiglia.

Agostino, intenerito, obietta l’impossibilità dell’impresa, ed è allora che il bambino, seriamente, replica come anche a lui sia impossibile comprendere il mistero della Trinità con l’unico strumento della sua mente limitata.

La frase precisa: Augustine, Augustine, quid quaeris? Putasne brevi immittere vasculo mare totum? – Agostino, Agostino, che cosa cerchi? Pensi forse di mettere tutto il mare nella tua nave? rielabora un concetto già narrato in testi precedenti, anche molto più antichi, ad esempio un brano apocrifo in cui San Gerolamo discute con Agostino riguardo il medesimo argomento.

Una ricerca difficile, da condurre con profonda onestà intellettuale, quest’ultima peraltro, prerogativa del santo, immediatamente convinto e contrito della propria, involontaria superbia.

Dubbi se il luogo rappresentato sia la spiaggia di Civitavecchia o di Ippona, oggetto di contrasto tra Eremitani e Canonici, ordini monastici entrambi interessati ad individuare nel santo il fondatore del proprio ordine…

Benvenuto Tisi detto il Garofalo 1476/81 – 1559

Visione di Sant’Agostino (1520/35)
Olio su tavola di pioppo (64,5 x 81,9 cm)
Londra – National Gallery

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