Film da vedere (o rivedere): ‘Il grande Lebowscki’ di Joel Coen. Con Jeff Bridges e John Goodman

di Luca Biscontini

Il grande Lebowski è un film del 1998 diretto da Joel Coen. Caratterizzato dalla scrittura e regia dei fratelli Coen e da un cast molto ricco che comprende Jeff Bridges, John Goodman, Steve Buscemi, Julianne Moore e John Turturro, il film inizialmente fu accolto tiepidamente sia dal pubblico che dalla critica; tuttavia, nel tempo, fu rivalutato positivamente divenendo un vero e proprio cult. Nel 2008 è stato inserito al quarantatreesimo posto tra i 500 migliori film della storia secondo Empire.

Sempre in quell’anno, la stessa rivista ha inserito “Drugo” (in inglese “The Dude”) al settimo posto nella lista dei 100 migliori personaggi cinematografici di tutti tempi. Quando la lista è stata aggiornata nel 2015, è stato posizionato al decimo posto. Nel 2014 è stato scelto per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Nel 2019 è stato distribuito uno spin-off del film, intitolato Jesus Rolls – Quintana è tornato!, che ha ottenuto però scarso successo.

Trama
Due sicari irrompono nell’appartamento di Jeff Lebowski credendo di avere a che fare con l’omonimo e famoso miliardario, peccato che Dude, così lo chiamano gli amici, sia disoccupato, senza pensieri e totalmente immerso nel mito degli anni Settanta. Il primo errore che Dude commette è di andare a far visita al suo riccco omonimo nella speranza di ottenere la sostituzione del tappeto che i killer gli hanno macchiato.

“L’elemento noir nella sceneggiatura non sembra davvero indicare nulla riguardo allo stile. Il grande Lebowski finge di essere un noir ma, in effetti, è un film allegro. Una commedia. Così, se anche il tono del plot sa di noir, non ce n’è però traccia nell’aspetto visivo.

Di certo non volevamo che sembrasse un noir – tanto per dirne una, il vero noir è in bianco e nero. Ma coerentemente con l’ambientazione del bowling, volevamo che il film risultasse colorato. […] Così come Blood Simple – Sangue facile ‘deriva’ da Il postino suona sempre due volte, e Crocevia della morte da Piombo e sangue, così Il grande Lebowski deve molto a Il grande sonno: volevamo comunicare una sensazione di storia raccontata come una versione moderna di Chandler; è il motivo per cui andava ambientata a Los Angeles.

Noi viviamo a New York e ci sentiamo outsider a Los Angeles. Volevamo uno svolgimento narrativo, una storia che si muove come in un libro di Raymond Chandler attraverso parti diverse della città e attraverso differenti classi sociali.

Questo è il risvolto che ci interessa quando scriviamo una sceneggiatura. Ci sono un sacco di riferimenti ai romanzi di Chandler. Più di uno dei suoi libri è nelle nostre teste. La storia del tipo ricco
di Pasadena, che dà il via a tutta la vicenda, è tipica di Chandler. In Il grande sonno sono le due sorelle che mettono in moto l’azione, qui è il finto rapimento”.
(Joel ed Ethan Coen)

“Se non il miglior film dei Coen, sicuramente quello che negli anni è diventato il massimo oggetto di culto tra i fan. Vagamente ispirato al romanzo noir Il grande sonno e intriso di una poetica chandleriana rivisitata secondo lo stile dei due autori, Il grande Lebowski ha l’enorme merito di destrutturare e dosare in maniera intelligente citazioni e riferimenti di ogni tipo, liberandoli da stereotipi e ovvietà.

Così il Drugo diventa, suo malgrado, (anti)eroe e osservatore disincantato di un’umanità meschina, feroce e fragile, arida e grottesca: dal miliardario che compra con i soldi l’amore di una donna di dubbia moralità, a Walter, reduce del Vietnam (uno strepitoso John Goodman), che non riesce a fare i conti con i fallimenti della propria vita; da una vulcanica ed eccentrica artista d’avanguardia (Julianne Moore) al perverso giocatore di bowling Jesus (John Turturro).

Il protagonista è dunque partecipe passivo di un mondo alla deriva da lui vissuto con semplicità, consapevole distacco e nobile individualismo, una sorta di erede stralunato e infiacchito del cowboy americano. In tal senso si spiega dunque la figura dello straniero senza nome che di tanto in tanto fa capolino a commentare gli sviluppi della narrazione.

Immerso in un onirismo naif che fa quasi tenerezza, il film è valorizzato da un cast assolutamente irresistibile, alle prese con una galleria di caratteri sgangherati e memorabili. Almeno tre le sequenze da antologia: la contestazione di un punto durante una partita di bowling che rischia di sconfinare in tragedia («Stai per entrare in una valle di lacrime Smokey») il trip da acido di Drugo accompagnato dalle musiche di Kenny Rodgers e le minacce di Walter a un giovane autistico. In originale il soprannome del protagonista è semplicemente Dude (“tipo”), reso in italiano con un riferimento ai personaggi di Arancia meccanica (1971) davvero incomprensibile. Presentato in concorso al Festival di Berlino”.

Luca Biscontini per MondoSpettacolo

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità