L’Isola che c’è. La Sardegna vista con gli occhi di Alberto Angela

di Chiara Farigu

Non è la prima volta che Alberto Angela racconta la Sardegna. E ogni volta, da storico ed eccellente paleontologo qual è lo fa in maniera superlativa. Lasciando trasparire la meraviglia, il rispetto e l’amore che prova per  ‘l’isola che c’è’.

Il suo è un vero e proprio tuffo nel passato, un viaggio diverso dai classici e ben noti percorsi turistici per raccontare storie tradizioni e leggende che fanno di questa terra un luogo magico e misterioso. Le stesse che molti ignorano, a cominciare dagli isolani che la abitano.

Un viaggio alla scoperta dei colori del mare della pietra, dei suoni del vento e delle voci, degli odori del cisto, del mirto e dell’elicriso, e dei segni lasciati dalle tante civiltà che di volta in volta l’hanno invasa, senza mai dominarla.

Un viaggio che va dalle dune di Piscinas al parco archeologico di Pranu Muttedu, da Nora all’Asinara, dalle mura di Algero alla basilica di Saccargia, passando per le miniere del Sulcis (spettacolari le riprese al Porto Flavia, un vero gioiello dell’ingegneria mineraria che si specchia nel mare cristallino di Masua) attraverso gli straordinari silenzi che abbracciano tutta l’Isola, Alberto Angela, con grande maestria  ha guidato  i telespettatori a scoprire una terra che, come più ha ribadito ‘brilla per la sua unicità’.  Facendo sua l’affermazione di un altro grande divulgatore, Herbert Laurence: ‘La Sardegna è un’altra cosa. Incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. È come la libertà stessa’.

E dinanzi alla maestosità del nuraghe di Santu Antine (XV secolo a.C), non ha potuto fare a meno di chiedersi a cosa fossero servite quelle costruzioni di pietra, tirate su ‘a secco’ che, distanza di secoli, si conservano in gran parte integri.   Diverse e variegate le risposte: fortezza, castello, reggia, status simbol di un’intera comunità, ma anche tempio, area sacra.

I nuraghe avevano più volti, e ancora oggi non è chiaro quale di questi sia stato quello predominante. “Forse solo uno o forse tutti quanti assieme”, ha concluso Angela, aggiungendo mistero al mistero.

Realizzati a forma di tronco di cono con pietre di notevoli dimensioni disposte a secco in cerchi concentrici che si stringono verso la sommità. Dotati di sale interne, destinate ad usi diversi, sono alti circa 20 metri. Ai lati 4 torri uniti da mura, all’interno il cortile a mezzaluna con un pozzo profondo 20 metri. Prima si cercava l’acqua e si scavava il pozzo, ha ricordato Angela, poi si costruiva attorno il villaggio.

Sono più di 7000 mila i nuraghi sparsi nell’isola (un tempo erano oltre 20.000), meravigliose torri di pietra, per lo più di basalto, uniche nel loro genere. Quello di Santu Antime, per grandiosità di mole, armonia, complessità costituisce uno dei più chiari esempi dell’architettura megalitica del Mediterraneo. Nessuno degli oltre settemila nuraghi scoperti raggiunge tale livello di elaborazione e raffinatezza. Conosciuto come ‘Sa domu de su re’, rappresenta la sintesi e l’apogeo dell’architettura dell’età nuragica.

Un unicum nel suo genere.

Com’è unica la Sardegna. Più che un’isola, un continente.

Un viaggio guidato dai cinque sensi, lo ha definito il divulgatore. ‘Quelle che in Sardegna ti restano anche quando vai via. Se vado in altre regioni d’Italia faccio un viaggio di tipo archeologico, culturale. In Sardegna è qualcosa di più. È un viaggio quasi antropologico, nel calore umano. La Sardegna riesce a parlarti anche senza monumenti, guardando negli occhi della gente. Si percepisce il grande orgoglio di sentirsi sardi, come se foste tutti una grande famiglia’.

L’amore per quest’isola Angela lo ha contratto da bambino, quando vide la Sardegna per la prima volta: ‘Ricordo bene la prima volta che andai in Sardegna: era il 1968, avevo 6 anni. Venivo dai miei primi anni di vita passati in Belgio, un paese nordico molto bello, ma in cui è difficile avere un clima luminoso con giornate miti e cielo terso. Come potete immaginare, furono soprattutto i colori e le atmosfere tipiche dell’isola che mi colpirono allora e che non scorderò più. Di quella prima volta in Sardegna, ricordo molto bene il caldo, il mare, il cielo blu della spiaggia di Budelli, allora ancora accessibile: mi sentivo coccolato dal calore del mare e del clima e dalla bellezza di quei luoghi che non avevo mai visto.

La Sardegna è entrata allora nel mio cuore e forse è proprio a lei che devo anche il mio primo intenso rapporto con il mare, immerso nei ricordi di quel bambino affascinato dalla bellezza e da quei luoghi così diversi.
Da allora sono stato in Sardegna più di venti volte, non solo per lavoro, ma anche per la curiosità di scoprirla, da viaggiatore. Ed ogni volta che ci torno, scopro nuove storie, tradizioni, bellezze.
È forse questa sua capacità di sorprendere il visitatore con argomenti sempre nuovi e profondamente diversi tra di loro che la rende così affascinate.
Sicuramente per me la Sardegna è, per queste ragioni, una delle lettere del mio alfabeto dei viaggi’.
A raccontarlo lui stesso, nella promo di Ulisse, Sardegna l’isola che c’è.

Per chi avesse perso la puntata, questo il video di Rai 1

 

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche