Non credete a chi sottovaluta lo sciopero della scuola

di Salvatore Salerno

Lo sciopero della scuola del 10 dicembre è stato un grande successo, una giornata per ripartire nella protesta alla quale va data continuità anche in altre forme.
É stato un sacrificio economico per centinaia di migliaia di docenti e personale amministrativo, molti dei quali non possono permettersi la trattenuta di un trentesimo del loro misero stipendio, ma lo hanno fatto chiedendo quattro volte quella trattenuta tutti i mesi solo per allinearsi agli altri stipendi della pubblica amministrazione e del privato che richiedono pari titolo di accesso ma, soprattutto, lo hanno fatto all’insegna della dignità e del riconoscimento sociale di una professione fondamentale che solo in Italia manca di rispetto nell’opinione pubblica e nelle Istituzioni.

I docenti e gli amministrativi hanno fatto sciopero per alcuni altri punti essenziali oltre il trattamento economico pur fondamentale e misura di ogni considerazione. Lo hanno fatto per la mobilità, il precariato e l’organico rimasto quello della Gelmini, le classi pollaio, le troppe scartoffie, i corsi di formazione, la gerarchizzazione e ds nuovi capi aziendali incompatibili con la scuola come comunità educante e democratica, per gli istituti fatiscenti, per il sud, le scuole di periferia abbandonate a se stesse e indicate peraltro come uniche responsabili della dispersione o del mancato successo scolastico.
Ma come un grande successo? Se la Cisl si è sottratta con i suoi centomila iscritti circa, con una percentuale di adesione ufficiale intorno al 20%? Con alcune scuole dove solo uno, due, qualche decina ha scioperato?
E invece si, un grande successo da affermare e ribadire spiegando però il perché ed è presto fatto.
Bisogna partire da dove eravamo, da come ci eravamo e eravamo stati ridotti. Qualcuno si ricorda dell’ultimo grande (si fa per dire) sciopero della scuola proclamato da cgil-cisl-uil, snals, gilda? Ebbene quello sciopero fu proclamato in pompa magna per l’8 giugno 2020. Quello sciopero dell’8 giugno 2020 ha avuto un’adesione da prefisso telefonico, non ha raggiunto neanche l’1%, non hanno scioperato neanche le RSU che sono decine di migliaia.
C’è in Parlamento, nelle forze politiche e sindacali un vago ricordo di un’altra data, il 5 maggio, non di manzoniana memoria, ma quella riferita al 2015? Il ricordo di quello sciopero con oltre l’80% di partecipazione, 50 milioni di euro in trattenute, contro la buona scuola renziana. Uno sciopero raffreddato e dimenticato anche da quelle forze politiche e sindacali che lo avevano sostenuto con la legge 107 pienamente ancora in vigore.
Oggi quanto vale quel 20% rispetto allo zero virgola di appena un anno e mezzo fa? Vale tanto, tantissimo e per questo è un grande successo. Le scuole totalmente chiuse che non si vedevamo da quel 5 maggio del 2015 tornano a contarsi a decine, le piazze piene a Roma, Milano, Palermo.
Stiamo parlando di una professione continuamente sotto attacco da troppi anni, per non pagarla di più, per aziendalizzare la scuola pubblica, privatizzarla, escludere quelli che sono più indietro perché partono da condizioni di sofferenza da quando sono nati e in territori emarginati che non hanno certamente scelto loro.
Una scuola che deve costare meno allo Stato e dove il docente si deve sottomettere al verbo della confindustria, delle grandi aziende che vogliono tutto il malloppo del bilancio dello Stato e del PNRR per loro, delle fondazioni, Treelle, Agnelli, ocse Pisa, Invalsi, della competizione.., altro che libertà di insegnamento.
Una scuola dove incombe l’autonomia differenziata e la spesa storica che lascerebbe come sono scuole di serie A e serie B o C nelle varie regioni.
Quei registi del Ministero, con Ministra o Ministro insignificanti e di terz’ordine, che raccontano la scuola italiana travisando e come vogliono e che, soprattutto, hanno sempre sbagliato le loro ricette. E’ bene saperlo, hanno sempre sbagliato da almeno venti anni e tutte le criticità sono colpe loro.
E via alla moltiplicazione di corsi di formazione mirata e dannosa, le ore di insegnamento sono diventate un optional rispetto alla burocrazia, al progettificio, alle teorie strampalate del Ministro di turno, oggi uno dei peggiori anche se è difficile distinguere questo o quella per l’assegnazione della maglia nera fra tutti gli ultimi e le ultime.
Questo Ministro offende spudoratamente usando parole infantili e retoriche come “dedizione”, “affettuosità” e “scuola di comunità” quando sa perfettamente che il loro significato reale è altro se si intende dedizione come missione o sottomissione e scuola di comunità e territorio come l’invasione del tempio dei mercanti, aziende, genitori, famiglie cooperative, associazioni.
Un Ministro che firma patti per la scuola con i sindacati smentendosi lo stesso giorno in consiglio dei Ministri, che parla e straparla a vanvera ogni giorno di miliardi di euro e decine di migliaia di assunzioni che non esistono, di miliardi che intanto non si trovano mai per gli stipendi, con un contratto scaduto da tre anni.
Se si vede con gli occhi della ragione e della storia recente di una categoria di docenti e ata che sembrava arrendersi e rassegnarsi, tutta, ebbene si, lo sciopero del 10 dicembre è stato un successo, un nuovo inizio.
Dispiace per l’80% o giù di lì che non ha partecipato, dispiace per la cisl che ha mancato l’appuntamento, aspettiamo che prendano coscienza, che la finiscano con le mille scuse dei sindacati dove sono, della trattenuta, del non serve a niente.
Lo sciopero serve, eccome.
Ma non possiamo dirci del tutto soddisfatti di un solo giorno di sciopero che non sarà facile replicare a breve.
Bisogna inventare nuove e continue proteste e proposte, bisogna comunque far funzionare le scuole nel loro autentico e fondamentale scopo, insegnare ed educare. Se nei prossimi giorni e settimane dovesse finire come dopo quel 5 maggio del 2015 si dovrà ripartire da come ci eravamo ridotti e allora serviranno ancora tanti anni.
Attenti a misurare in termini concreti e visibili un cambiamento dopo questo sciopero del 10 dicembre 2021, il rinnovo del contratto rispetto ad un bilancio dello Stato e fondi europei è la prima tappa di verifica, non importa se si riesce tutto a dicembre anche se qualche miliardo in più per il contratto si deve ottenere, costi quel che costi. Intanto tacitare il Ministro e riprendere anche oltre la finanziaria tutti i temi accennati, nessuno escluso sin dai primi mesi del 2022.
Altrimenti questo sciopero è solo un passo avanti che rischia di essere seguito da due passi indietro.
Sinopoli della CGIL, la Serafini dello snals, Turi dell’Uil, Di Meglio della Gilda, tante associazioni come l’Associazione Nazionale Docenti, i gruppi scuola bene comune e scuola&politica, tanti altri hanno proclamato o aderito ad uno sciopero coraggioso per nulla scontato per la sua riuscita.
E’ andato al meglio nella condizione data a dispetto di chi non crede alle lotte sindacali. Il governo e le forze politiche ne prendano atto e si muovano.

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