«QUANDO NON MORIVO»IL RELIGIOSO «SIAMO»DI MARIANGELA GUALTERI

DI VANNI CAPOCCIA

 

Mariangela Gualtieri poetessa, drammaturga, fondatrice con Cesare Ronconi del Teatro Valdoca, vive della parola e le parole la cercano, a volte la invadono e fatica a tenerle a freno come “Amore” che in una poesia ci vuol proprio entrare e lei la tiene buona “come avvolta in un panno di lana” affinché possa risuonare “di nuovo nuova”.

È proprio l’amore per la parola che la guida, il suo essere antidoto alla distrazione e alimento al suo bisogno come donna di teatro di sentire gli umori del pubblico. In teatro ci si guarda dentro mentre gli altri ti guardano, non c’è un prima e un dopo, c’è un momento nel quale prevale l’essere insieme, il siamo.

E in “Quando non morivo”, ultima raccolta poetica di Mariangela Gualtieri pubblicata nella collana bianca dell’Einaudi, è “siamo” la parola chiave, antidoto alla solitudine testimonia il bisogno d’essere nel mondo insieme a tutto ciò che il mondo popola. In essa la Gualtieri pur consapevole del pianeta scassato e del male che stiamo consegnando ai figli li invita a non aver paura, ad aver cura di tutto, a pretendere di vivere in un ambiente migliore, a cercare lo splendere nelle cose, a “Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e di sangue”.

Una raccolta consolante e compassionevole attraversata da un sentimento religioso che accomuna gli esseri umani, gli animali, i vegetali e tutti gli elementi dell’ambiente. Percepibile non solo nelle due bellissime “Domande a Maria” ma un po’ in tutte le altre poesie fino al Requiem finale nel quale Mariangela Gualtieri non prega per i morti ma li prega “d’esserci”. A essere più vivi dei vivi chiedendogli scusa per la “disattenzione” che le ha fatto favorire la propria persona rispetto alle meraviglie del mondo. D’aver favorito l’io rispetto al “Siamo”.

Vanni Capoccia

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