Dopo un confronto di oltre dodici ore, Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l’impianto, il direttore e il capo operativo del servizio, hanno ammesso le loro responsabilità: per evitare blocchi e disservizi della funivia (che da quando aveva ripreso servizio, presentava ‘anomalie’) hanno scelto di lasciare la ‘’forchetta’, che impedisce al freno d’emergenza di entrare in funzione.
Una scelta scellerata culminata in una strage: 14 le vittime dopo lo schianto della cabina precipitata in fondo al bosco a pochi metri dall’arrivo. Un gesto materialmente consapevole, per gli inquirenti che hanno disposto il fermo delle tre persone mentre le indagini proseguono a tutto campo anche per ‘valutare eventuali posizioni anche di altre persone’.
Una tragedia che si sarebbe potuta e dovuta evitare. Se anziché rincorrere la logica del profitto si fosse intervenuto adeguatamente per mettere in sicurezza l’impianto. Perché, come sottolineato dagli inquirenti, tutti, nessuno escluso, erano consapevoli dei problemi della funivia, tanto che nei giorni precedenti la tragedia furono effettuati diversi interventi per sbloccarla. Interventi tecnici non risolutivi, apportati solo ‘per rimediare’, nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo.
Parlare di ‘errore umano’, in questo frangente aggiunge solo orrore al dramma, vista la scelta consapevole dei cosiddetti vertici di non togliere il blocco al fermo pur di non fermare l’impianto augurandosi che il cavo avrebbe retto. Nonostante il blocco e le altre ‘anomalie’.
La sicurezza, ancora una volta, questa sconosciuta. Mentre impotenti continuiamo a piangere i nostri morti. Che sia dopo il crollo di un ponte, il soffitto di una scuola, l’impalcatura di un cantiere edile o, come il blocco dei dispositivi di sicurezza per lavorare più spediti (la morte di Luana non è servita a niente), o dei freni per non fermare la funivia.
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