Urge cambiare la cultura dei maschi, rompere la gabbia dell’ipocrisia e educare ai sentimenti, al rispetto, ai rapporti sessuali e di coppia

di Michele Piras

La pena di morte o il linciaggio non restituiranno la vita a un ragazzo di vent’anni barbaramente ucciso nel tentativo di difendere la madre dalle coltellate del suo ex compagno.

Nessuna delle due cose guarirà le ferite della donna né il dolore infinito con il quale dovrà convivere.
Non allevieranno la sofferenza i post di qualche parlamentare sardo che si auto propone, in maniera abbastanza plebea, come boia dell’assassino.
Così come non aiuterà nessuno l’opinione di Matteo Salvini, che si accorge che la Sardegna esiste solo quando a commettere un crimine è un migrante pakistano, ma se ne frega di tutte le altre violenze, degli omicidi e dei femminicidi commessi nell’Isola.
Il colpevole di questa brutalità andrà punito, severamente, per l’orrore, sulla base delle norme vigenti.
Su questo non c’è dubbio.
Ma il punto non è la pena, la sua durezza e durata, il punto è sempre la cultura profonda dei maschi, senza distinzione di etnia, nazionalità o religione.
Il punto è precisamente cambiare quella cultura, rompere la gabbia dell’ipocrisia e educare ai sentimenti, al rispetto, ai rapporti sessuali e di coppia.
E questo lavoro non si fa col Codice Penale o il cappio in mano, ma con percorsi di istruzione, quella vera, quella che (guarda caso) tanti di coloro che, in queste ore drammatiche, fanno a gara ad allestire patiboli, non vogliono.
Riposa in pace ragazzo.
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