40 anni fa. Il terremoto in Irpinia, un disastro infinito

DI ANNA LISA MINUTILLO

Alle 19 e 34 del 23 di novembre 1980, la terra tremò. Una forte scossa di magnitudo 6,9 della scala Richter della durata di 90 secondi rase al suolo le provincie di Avellino, Potenza e Salerno.

Una domenica da dimenticare, anche se dimenticare i 2.914 morti, i 280.000 sfollati, e gli 8848 feriti, anche a distanza di 40 anni dall’accaduto, suona come qualcosa di ingiusto, di non meritato, di assurdo.

Ad essere colpite da questo evento tragico e distruttivo sono state la Campania, la Basilicata e la Puglia.

L’entità drammatica del sisma non venne valutata subito; i primi telegiornali parlarono di una “scossa di terremoto in Campania” dato che l’interruzione totale delle telecomunicazioni aveva impedito di lanciare l’allarme.

Momenti di panico e terrore, quando all’improvviso iniziarono a

vibrare i vetri degli infissi, le suppellettili caddero frantumandosi, esattamente come si frantumavano le abitazioni.

Mancò la luce, ed anche se quella sera in cielo vi era la luna piena, il suo chiarore, serviva solo a mettere in evidenza la deturpazione invalidante a cui il territorio era sottoposto.

Le famiglie che riuscirono, abbandonarono le proprie abitazioni, altri disorientati cercavano di comprendere ciò che stava accadendo, i feriti lanciavano richieste di aiuto che si confondevano tra la polvere ed i calcinacci di ciò che fino a pochi istanti prima era serenità, era casa, era un posto sicuro nel mondo: il loro posto.

Secondo l’Ufficio del Commissario Straordinario, dei 679 comuni appartenenti alle otto aree interessate dal terremoto (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia), ben 506 (il 74%) furono danneggiati.

I soccorsi furono tardivi e insufficienti per differenti ragioni: le difficoltà per riuscire ad accedere alle zone dell’entroterra che si ritrovarono isolate, infatti crollarono strade e ponti; il cattivo stato delle infrastrutture (a cominciare da quelle elettriche e telefoniche) ed inoltre per l’assenza di un’organizzazione come la Protezione Civile, che venne creata soltanto 12 anni più tardi.

Una prima stima dei danni, fatta nel 1981, parlava di circa 8mila miliardi di lire. Ma, la cifra, è lievitata nel tempo fino a superare i 60mila miliardi di lire nel 2000 e i 32 miliardi di euro nel 2008. Attualizzando le cifre, la stima arriva a quota 66 miliardi di euro.

Eventi che oltre a portare con loro morte e distruzione diventano allettanti per lo sciacallaggio che ha rappresentato l’arricchimento di alcuni facendo ulteriormente sprofondare nella desolazione ( come se non fosse bastato quanto accaduto) chi aveva perso tutto, portando via anche il poco rimasto.

Occasioni ghiotte per criminalità e gente di poca considerazione umana, un indegno approfittare di occasioni devastanti sotto molti punti di vista, quasi come a voler dimostrare che si può riuscire a sopravvivere alla forza della natura, ma non alla forza distruttrice che ” l’uomo” riesce a mettere in atto, scavalcando macerie, dolore e paura.

Non vanno sottovalutati i dati generali che indicano il 46% dell’intero territorio nazionale ricadere in area ad elevata pericolosità sismica, in cui sono presenti 6 milioni di edifici e vi abitano più di 22 milioni di persone.

Occorre intervenire sul patrimonio edilizio esistente, che spesso risulta essere vecchio, vulnerabile e costruito per la maggior parte dei casi in assenza di specifiche norme sismiche.

Bisognerebbe sensibilizzarsi maggiormente a questo tema mettendo in atto lavori di adeguamento, miglioramento e rafforzamento degli edifici, per renderli più resistenti in occasione del terremoto.

Ma bisogna lavorare anche per far crescere nei cittadini la consapevolezza del rischio a cui sono esposti, lo si può fare attraverso l’informazione, la conoscenza dei piani di protezione civile comunale e dei comportamenti corretti da tenere in caso di emergenza.

C’è ancora molto da fare per la sicurezza sismica, ed occorre provvedere, perché le cose da sapere, gli interventi da realizzare possono fare le differenza, quando la terra pare volerci inghiottire.

40 anni che avrebbero dovuto insegnare qualcosa, quel qualcosa che fa la differenza tra il sopravvivere ed il ricostruire, tra il restare cittadini onesti o diventare avvoltoi che si accaniscono sulle prede indifese, se continuare a lottare oppure arrendersi alla disperazione totale, che è ferma lì, che accade, che devasta, che ci ricorda quanto tutto in pochi instanti possa cambiare…

 

 

 

 

Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.