IL MONDO SOCIAL, UN TRITACARNE EMOZIONALE

DI ANNA LISA MINUTILLO

 

La verità è che faccio molta fatica e la cosa è visibile a chi mi conosce bene, ho scritto bene e non a caso, poiché quella regalata dai social può essere, nel migliore dei casi, una sorta di empatia momentanea, magari basata sull’onda emozionale di alcuni pensieri, ma questo non vuol dire affatto conoscere bene l’altro.
Lo osservi dall’esterno questo grande contenitore social e vedi la ripetitività, ti accorgi di quanto sia ben studiato e né vedi anche il fine, quello di appiattire, di radere al suolo il pensiero, quello indipendente, quello libero che non si lascia irretire.
Quando lo ritrovi in qualche post oppure in qualche articolo ben scritto, come per incanto scopri che chi lo ha formulato viene messo a tacere, bloccato per giorni per pagare il prezzo del non essere malleabile, e questo, a questo tritacarne emozionale, proprio non va giù.

Ti tende la mano con infinite carrellate di informazioni, che stategicamente funziona, un’enorme bombardamento che ti formatta il cervello, che ti impedisce di porti domande, che ti porta a vederla come la vede la maggior parte delle persone.
Giorno dopo giorno crea invisibili connessioni tra chi odia chi, tra chi discute di cosa, tra chi si nasconde dietro a spot virtuali per far giungere messaggi subliminali, tra chi, forte del fatto che non si può controbattere come si vorrebbe, forte del fatto che un vaffa ben assestato non lo riceverà mai, si sente autorizzato a tenere toni arroganti e distruttivi, ritenendosi il migliore del mondo.
Così tra un’offesa e l’altra, tra la banalità assoluta, tra gli animati discorsi politici e sociali, trascorrono giorni, giorni in cui pensi di aver compreso, ma effettivamente non hai compreso nulla.

Nascono caste silenziose di assensi o dissensi da regalare attraverso like di approvazione che giungono a pioggia e senza sapere il perché destinati all’uno oppure all’altro “amico”, di cui nulla sai né continui a sapere.
Vere e proprie corporazioni di “simpatie”, a cui ci si aggrega per sentirsi meno soli, per darsi un tono, per fare “squadra”, quando nella vita reale, non si avrebbe neanche il coraggio di affrontare chi si decide di annullare in modo corale.
Like che partono veloci, dissensi che si rincorrono, diatribe che non hanno mai fine, onnipresenti del web, quelli a cui non sfugge nulla e quelli che stanno lì, come le “tre civette sul comò”, che si dicono sempre presi da mille impegni, ma che poi trovano il tempo per controllare se, malauguratamente, ti scappa un click sotto il post di qualcuno a loro non gradito.
Se accade è la fine, perché automaticamente passi dall’altra parte della barricata, diventi “scomodo”, non sei più “amico loro”, “amico”?

Neanche sanno con quanto zucchero bevi il caffè, ma soprattutto se ti piace il caffè.
E così, tra un non pensiero e l’altro, tra odiatori seriali e bannatori nascosti, tra qualche considerazione sensata e qualche rissa virtuale evitata, ogni volta che ti affacci qui è la prevedibilità a fare da padrona.
Una piazza che non regala novità ma scontate modalità, che va presa a piccole dosi, che non consente sempre crescita ma produce insicuri che copiano copioni astutamente scritti e pilotati da chi ti illude di poter essere libero, almeno sul web…
Anche le emozioni diventano faccine smile che sorridono, che si arrabbiano, che gradiscono, che piangono.
Le emozioni, quelle che provocano cambi di umore, quelle che smuovono un mare di reazioni, quelle che allagano occhi o fanno battere il cuore, racchiuse in una faccina che lascia il tempo che trova e non soddisfa di certo quanto vi sta nascosto dietro.
Tutto di corsa. Tutto velocemente perché il tempo è poco, perché leggere i post richiede troppa attenzione, perché siamo vittime delle trappole in cui cadiamo, non ce ne accorgiamo ed andiamo avanti così.
Lo facciamo perché siamo distratti?, perché vediamo e ci va bene così?, perché pensiamo che sia solo qualcosa di “leggero”, che riempie qualche momento di noia?

Non si sa, ma accade e sempre più di sovente, tanto che devi davvero faticare per trovare qualche commento ben formulato, che porti a riflettere e che non scada nelle solite offese personali, modalità spesso adottata proprio da chi non sa argomentare.
Qualcuno ci sta male perché si sente ferito, forse chi è più debole oppure chi ha una sensibilità maggiore, altri abbozzano ma aspettano al varco, il primo errore grammaticale, il primo tentennamento, il primo like regalato (secondo loro) alla persona sbagliata.
Quasi nessuno realmente si dà da fare nel concreto, cercando di esserci nei momenti di bisogno, organizzando incontri in cui potersi confrontare realmente, suggerendo letture valide per poter avere visioni più ampie, donando vestiti smessi ma in buone condizioni a chi ha davvero problemi nello sbarcare il lunario.

Basterebbe poco, ed invece:no, perché è più semplice affidare ad una faccina piangente tutto ciò, perché così si fa bella figura ed il mondo virtuale ti stima, perché forse ci siamo arresi e non lo ammettiamo, o solo  perché questo non sarebbe più social che viaggia nell’etere ma comporterebbe impegno concreto e per questo i nostri cervelli non sono più programmati…
Su, dai, facciamo scorrere le home page e dimentichiamo chi siamo, muoviamo veloci dita che non sanno più accarezzare, ma digitano a velocità supersoniche, chiudiamo l’ascolto al vicino di casa che avrebbe bisogno di aiuto, spandiamo odio a go-go tra i più deboli, condanniamo politici e personaggi pubblici solo perche fa figo così, tempestiamo di insulti gli immigrati, i meridionali, i poveri, regaliamo lo spaccato peggiore di noi, in fondo si tratta solo di un click vero? però strano che dove vi sia l’inneggiare alla cattiveria i commenti arrivino puntuali…
In quel caso, tutti pronti ad articolare pensieri, scritti in traballante italiano, perché di scrivere non si è capaci nemmeno più…

Questi click, sono solo funzioni virtuali quando fa comodo, neanche si guarda alle conseguenze, perché non si pensa più…
Facevo già fatica prima a farmelo piacere il virtuale, ora fatico ancor di più, e niente, proprio non ce la posso fare, uniformarmi non ha mai fatto per me:resterò quella spigolosa entità che non conoscete realmente, ma che ha scelto di essere così

Anna Lisa Minutillo
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Pubblicato da Anna Lisa Minutillo

Blogger da oltre nove anni. Appassionata di scrittura e fotografia. Ama trattare temi in cui mette al centro le tematiche sociali con uno sguardo maggiore verso l'universo femminile. Ha studiato psicologia ed ancora la studia, in quanto la ritiene un lungo viaggio che non ha fine.