SCUOLA: PRONTI, PARTENZA… VIA?

DI CHIARA FARIGU

Ci siamo. Tra meno di dieci giorni le scuole riaprono i battenti. A tornare in classe il primo settembre gli studenti per il recupero degli apprendenti, dal 14 tutti gli altri di ogni ordine e grado come da calendari scolastici regionali.

Tutto (o quasi) è pronto per la ripartenza in sicurezza, ha più volte ribadito la ministra Azzolina, nelle sue ospitate televisive. Compreso l’approvvigionamento dei banchi monoposto che entro il mese di ottobre soddisferanno le esigenze degli istituti scolastici che ne hanno fatto richiesta. E, sarebbe davvero un evento senza precedenti, se non proprio un miracolo, tutti gli insegnanti in cattedra fin dal primo giorno di scuola.

Le linee guida sono state finalmente definite e dal 24 agosto per risolvere dubbi e porre quesiti è attivo ‘help desk’ per gli istituti, un servizio apposito a cui le scuole potranno rivolgersi.

Eppure, nonostante gli annunci e le rassicurazioni che la ministra propina un giorno sì e l’altro pure, le preoccupazioni da parte delle famiglie, dei docenti (soprattutto quelli definiti ‘fragili’ per via dell’età) e degli stessi studenti non accennano a diminuire. Il perché, superfluo perfino sottolinearlo, sta tutto in quella parolina ‘sicurezza’ che nessun governo al mondo (in virtù di cosa l’Italia dovrebbe fare eccezione) ha ancora davvero messo in campo. Forse perché non si vuole trovare la formula esatta come sostengono strumentalmente i cosiddetti ‘negazionisti’, o molto più semplicemente perché non esiste, e il virus sa come farsi beffe delle mirabolanti formule sfornate da esperti e supertecnici di tutto il mondo, non solo quelli di casa nostra.

E la riprova ce la danno Israele, diversi stati americani e perfino la Germania, tanto per farci, per una volta, gli affari degli altri che hanno dovuto richiudere diverse scuole a poche settimane dalla riapertura.

Tra le tante disposizioni previste nelle linee guida, dal distanziamento all’uso della mascherina, dal referente-covid alla saletta per isolare casi sospetti in attesa che venga avvisata la famiglia, solo il tempo potrà dire se saranno state misure anti-contagio adeguate, corrette e lungimiranti. Delegare invece alle famiglie il controllo della temperatura è quanto di più sbagliato si possa fare. Chi opera nella scuola lo sa da sempre. Per averlo vissuto sulla propria pelle. A fronte di genitori responsabili, sono tanti, troppi quelli che mandano i propri figli con la febbre. Magari fatta rientrare da un antipiretico somministrato all’ultimo minuto perché devono correre al lavoro. E la scuola, inutile nasconderlo, soprattutto per i più piccoli, più che un luogo di apprendimento, continua ad essere percepito come un comodo parcheggio. Ecco perché lasciare alle famiglie il rilevamento della temperatura è un atto che potrà costare caro sul mantenimento delle scuole aperte.

Il governatore De Luca, su questo punto, è già sul piede di guerra. Mancano ancora 10 giorni al pronti, partenza, via! O  via?

E ‘io speriamo che me la cavo’, è il rumor sempre più insistente degli addetti ai lavori che sanno quel che hanno lasciato ma non quello che troveranno.

*Immagine Freepik

Chiara Farigu

Pubblicato da Chiara Farigu

Insegnante in pensione, blogger per passione. Laureata in Scienze dell'Educazione, ama raccontarsi e raccontare l'attualità in tutte le sue sfaccettature. Con un occhio particolarmente attento al mondo della scuola e alle sue problematiche